Arriva dalla Russia la risposta laica a God’s not dead, film tormentone in alcune sale ACEC della scorsa stagione. Lì Josh doveva persuadere a tutti i costi il suo professore di filosofia e i suoi compagni di corso che Dio esiste (e non vive a Bruxelles in questo caso così rigido e tutto affidato alla disputa delle parole). Film esteticamente e in termini di narrazione non di certo tra i migliori ma sostenuto da una casa di distribuzione molto aggressiva che è riuscita a portare il film in profondità.
Ora è il turno di The student, distribuito in Italia da I Wonder con il titolo Parola di Dio, che non ha le velleità di difesa della cristianità che si prefigge invece la Dominus Production. La presentazione ufficiale della casa di distribuzione bolognese così lo racconta:
Alle ragazze non dovrebbe essere concesso di partecipare alle lezioni di nuoto in bikini. Insegnare educazione sessuale a scuola è sbagliato. L’evoluzionismo è una teoria non provata e dovrebbe essere affiancata al creazionismo. Sono queste e altre le osservazioni che il giovane Veniamin, in piena crisi mistica, muove a chi gli sta intorno, citando a memoria i passi più cruenti della Bibbia e tentando di imporre anche ai suoi compagni di scuola la sua ortodossia estrema. L’unica voce che si contrappone a lui è quella di Elena, giovane professoressa di biologia imbevuta di scienza e razionalismo. Ma come si può rispondere con la sola Ragione a chi nutre una Fede cieca?
Noi che l’abbiamo visto a Ciné possiamo dire che senza dubbio si tratta di un film molto duro ma molto più maturo nell’estetica di God’s Not Dead. Dobbiamo aggiungere, alla domanda posta da I Wonder, che non si può rispondere ad un ragazzo malato di religione con la sola ragione nella scienza. I personaggi adulti mancano di quell’umanità pedagogica che avevamo respirato in Class enemy, ad esempio. La professoressa di biologia rimane isolata e abbandonata dai colleghi incapaci di distinguere le competenze laiche e religiose – e qui emerge il contesto geografico da cui il film trae origine – ma anche perché lei stessa scivola nell’incubo del fanatismo. Diviene fanatica nel difendere i principi che insegna perdendo il contatto umano con chi le sta accanto. I fanatici ammalano altre persone costrette a fare i conti con loro. In quella malattia ci sta tutta la tristezza e il senso di disturbo che lascia The student: traspare una Russia priva degli strumenti formativi che dovrebbero abitare contesti educativi e ambiti genitoriali. Un paese povero di risorse non economicamente quantificabili.
In mezzo tra The student e God’s not dead ci siamo noi, le cosiddette sale cattoliche, a cui tutti mirano con i prodotti attinenti alla religione. Tutto si può fare e anche ciò che non ci piace (su questo nelle sale abitano pensieri e correnti non sempre univoche: va ammesso), ma l’importante che non dovrebbe mancare mai è un’indagine competente sull’opera in sala da parte degli animatori culturali. Una lettura estetica e pastorale che sappia identificare con coerenza rispetto al linguaggio filmico le zone d’ombra e le opportunità riuscite di ciascuna opera cinematografica. Senza paura e senza ideologia: esistiamo come sale ACEC proprio per questo. Esistiamo per far maturare umanità nelle persone, per far crescere una spiritualità inclusiva.